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REGGIO EMILIA: PRESIDIO antimilitarista
PRESIDIO antimilitarista 8 novembre ore 10.30 piazza Fontanesi Reggio Emilia
4 NOVEMBRE, ANNIVERSARIO DI UN MASSACRO
NESSUNA GUERRA DA CELEBRARE, SOLO GUERRE DA FERMARE!
Come ogni anno, il 4 novembre lo stato italiano celebra la “vittoria” nella Prima guerra mondiale, una immane carneficina di lavoratori per nient’altro che spostare qualche confine e preparare il terreno al nazifascismo. La retorica e la propaganda militarista non conoscono pause, oggi più che mai. Militari nelle scuole che spacciano l’arruolamento come una grande occasione professionale; militari nelle piazze che, a Modena come a Palermo e a Lucca, mettono in mano a ragazz* e bambin* armi da guerra come fossero giocattoli; militari che pattugliano i nostri quartieri “contro il degrado”; militari in parate e celebrazioni.
Il governo ce li piazza ovunque, per farli diventare una presenza normale e rassicurante, ma non dimentichiamo che gli stessi militari sono impiegati in decine di missioni all’estero, per pattugliare i confini orientali della NATO, per pattugliare i mari in funzione antimigranti e per difendere a mano armata gli interessi dell’ENI in Africa, e la lista sarebbe ben più lunga.
Non dimentichiamo nemmeno il ruolo dei militari italiani nell’addestramento delle RSF sudanesi, gli ex janjaweed, i responsabili dei massacri del Darfur che oggi continuano ad ammazzare civili con la divisa dell’esercito.
Le responsabilità dei governi e delle aziende armiere italiane nelle guerre degli ultimi decenni è sempre stata pesantissima, ma il governo attuale si distingue per l’accelerazione delle politiche e della propaganda bellica e per il sostegno ai governi criminali che, in ogni dove, sono responsabili dell’uccisione di uomini, donne, bambini e bambine.
Nel silenzio e nell’indifferenza dei più.
Negli ultimi mesi la tragedia di Gaza è uscita dal cono d’ombra che copre tanti altri conflitti, innescando un importante moto di indignazione.
Gaza sembra aver segnato una svolta nella percezione di tutt* coloro che fino a oggi non avevano percepito quanto la guerra sia vicina a noi, nelle nostre città, nelle nostre scuole, nelle nostre fabbriche. Persone che hanno riempito le piazze e chiesto a gran voce la fine del genocidio, sostenendo con due grandi scioperi generali la straordinaria mobilitazione dei lavoratori portuali che sono riusciti a bloccare diverse navi cariche di armamenti ed equipaggiamento bellico.
Sabbia nel motore del militarismo, come recita un vecchio -ma sempre attuale- slogan! Va detto che questa vigilanza continua dei lavoratori portuali e aeroportuali non è cosa nuova, anzi dura da anni. Anche in passato hanno fermato carichi di armi, ma oggi hanno dalla loro parte tante persone comuni.
È però indispensabile non abbassare la guardia, soprattutto ora che a Gaza il massacro sembra essere in pausa. Quella guerra non è certo finita, anzi! Così come continua la guerra in Ucraina e le decine di altre guerre e di altre mattanze di civili inermi che insanguinano il globo.
È sempre più necessario continuare a riempire strade e piazze, fermare i carichi di armi ovunque siano diretti, sabotare la propaganda militarista nelle scuole e nella società, denunciare e boicottare le industrie belliche, battersi contro la costruzione e l’ampliamento di basi e strutture militari. Saldare i movimenti contro i poligoni in Friuli con quelli contro le basi in Toscana e contro il MUOS in Sicilia.
In poche parole: trasformare il potente moto di indignazione per il genocidio a Gaza un movimento generale contro la guerra e l’economia di guerra.
Difficile? Certo. Ma altrettanto indispensabile.
